Cenni storici.
Secondo la terminologia più diffusa,
il Medioevo ( età di mezzo) inizia con il 476 d.C. , anno della caduta dell’impero
romano; in genere tale periodo viene ripartito in tre fasi: la prima, dal V all’
VIII sec., caratterizzata dalle invasioni dei popoli germanici; la seconda, dal
IX all’ XI sec., contrassegnata dalla nascita della società feudale; la
terza, dall’XI al XIII sec., contraddistinta dalla nascita delle città.
Nell’anno 568 i Longobardi invasero
l’Italia, spingendosi nell’Umbria e fino al meridione, dove crearono,
rispettivamente, il Ducato di Spoleto e quello di Benevento. Al primo, tra il
591 e il 603 fu annesso il Cicolano, sotto la denominazione di Castaldato della
“ Massa Ciculana”. Sappiamo che il VI duca di Spoleto, Faroaldo II, dona
queste terre al ricostruttore di Farfa, S. Tommaso di Morienna ( 658-728).
Proprio sotto i Longobardi la Chiesa accrebbe la sua potenza nel Cicolano, e,
come in tutti quei posti lontani dai centri diocesani, la diffusione del
Cristianesimo fu affidata ai monaci; arrivano così, nel nostro territorio, i
benedettini, i quali si diedero a fondare monasteri, abbazie e pievi ( chiese di
campagna). I benedettini preferiscono per lo più demolire i templi pagani e con
il materiale di recupero riedificare chiese cristiane: sorse così S. Giovanni
in Leopardis, presso l’attuale Borgorose. Chiesa romanica, appartenente ad un
complesso monastico risalente all’XI sec., a croce latina , di perimetro 21x9,
di cui resta solo la cripta; l’insediamento religioso fu costruito sopra un
antico tempio pagano del V sec.a.C. Il primo documento in cui viene citata tra
le chiese della Diocesi di Rieti è una bolla di Papa Anastasio IV, del 21
gennaio del 1153, bolla diretta al vescovo Dodone di Rieti, nella quale il papa
delineava i confini della diocesi. In essa sono menzionate anche la parrocchia
di S. Stefano del Corvaro ( Cluvano), di S. Lorenzo e S. Leopardo in Cartore, di
S. Mauro presso Collemaggiore. La stessa bolla tendeva a privare di autorità
Farfa e a sottrarre dal controllo dei benedettini alcune chiese fra cui S.
Leopardo di Collefegato e S.Stefano di Corvaro: A queste si aggiungeva, nel
1182, quella di S. Anastasia in Collefegato ( Bolla di papa Lucio III ). I
benedettini vengono così relegati in ambiti angusti, come nella chiesa rurale
di S. Angelo, a Corvaro.
Con la morte del re Desiderio nel 774
e la vittoria di Carlo Magno sui Longobardi, il nostro territorio passò sotto
il dominio dei Franchi.
L’invasione dei Saraceni ( 846), le
uccisioni e i saccheggi non risparmiarono il Cicolano. ( Il loro ricordo è
testimoniato da due località nei pressi di Castelmenardo: “ Aia dei Saraceni”
e il vecchio cimitero dei “ Saraceni” ). I Saraceni incendiarono il
Monastero di S.Salvatore, a Rieti, devastarono Antrodoco; fino a quando Papa
Giovanni X fece appello a tutti i Principi cristiani, i quali riuscirono a
ricacciare i Saraceni.
E’ in questo periodo, in questo
contesto storico e per esigenze di difesa, che sorsero i castelli.
I più antichi risalgono all’IX –
X sec. , erano in legno ed andavano distrutti a causa degli incendi, durante le
guerre; dopo l’XI sec..si cominciò a costruirne in muratura. Molti in tutto
il Cicolano, ben otto nella nostra zona: quello di Corvaro, Maleto, Collefegato,
Castelmenardo, Poggiovalle, Torano ( nel 1113 tale castello risulta essere stato
donato da un certo Annolino al vescovo Benincasa), S. Anatolia e Spedino. Un
numero ingente, se si considera l’estensione della superficie considerata; ma
un’esigenza imposta dalla difesa di questo territorio, poiché zona di confine
fra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli.
In genere i castelli rispecchiano un’architettura
costante: constano di una costruzione centrale ( mastio o maschio) circondata da
almeno due cinte murarie e un fossato. Ad emergere, nell’ambito del castello
italiano, sono le torri, le mura fortificate, il mastio e i contrafforti, tutti
elementi atti alla difesa.
L’insieme è collocato sulla cima
di un monte o di un colle, comunque su un’altura d’importanza strategica, da
cui è possibile dominare le pianure circostanti, le vie d’accesso, le
frontiere e quindi l’eventuale avvicinamento di nemici.
E’ il cosiddetto incastellamento,
risalente agli ultimi anni del primo Millennio e ai primissimi del secondo, a
seguito delle invasioni dei Saraceni e dei Normanni.
Nel 951 il regno d’Italia passò ad
Ottone I di Germania, il quale si fece nominare imperatore dal papa Giovanni XII
nell’anno 962 e donò alla Chiesa alcuni castelli e città, fra cui Rieti, il
Cicolano e la Marsica.
Agli inizi dell’XI sec. sbarcarono
nell’Italia meridionale i Normanni francesi del conte Roberto il Guiscardo e
suo fratello Ruggero ( 1072 – 1101). Il figlio di quest’ultimo, Ruggero II(
1101 - 1154), riuscì a riunire le due corone di Napoli e di Sicilia e nel 1143,
mandò i suoi 2 figli (Anfuso e Ruggero) alla conquista della provincia dei
Marsi, della quale faceva parte la Diocesi di Rieti. Così anche il Cicolano
passò sotto il dominio normanno. Ma in questo modo la Diocesi si trovò divisa
politicamente: tutto il territorio fu aggregato al Regno delle Due Sicilie,
mentre Papa Anastasio ( 1153 – 1154), tramite la Diocesi, affermava la
dipendenza diretta sia spirituale, che economica - amministrativa su 61 pievi (
fra cui S.Leonardo, in Cartore), su 25 oratori ( fra cui S. Giovanni in
Leopardis di Collefagato) e su varii castelli, chiese e città.
Per questo lo stesso re Ruggero II,
nel 1149, sembra abbia distrutto Rieti, incendiandola.
Tornata la pace, Ruggero II sposò,
nel 1151, Beatrice, figlia del conte di Rieti, dalla quale nacque Costanza,
moglie di Enrico VI( figlio di Federico Barbarossa), e madre dell’imperatore
Federico II.
Nel periodo Normanno il Cicolano fu
diviso in un certo numero di feudi; lo stesso Ruggero fin dal 1148 fece
compilare il registro dei baroni e dei relativi feudi dei paesi conquistati; in
esso, però, non sono menzionati alcuni castelli che, comunque, nel 1183,
esistevano, in quanto appartenevano al Contado di Albe dei Marsi, posseduto
dallo stesso conte Ruggero: i castelli di Corvaro, Santa Anatolia, Poggiovalle,
Torano e Spedino.
Ciò che comunemente a Corvaro
chiamiamo Rocca, ( le rocche compariranno nel XV sec.) in realtà è un vero e
proprio castello, che si eleva in posizione strategicamente militare, ai margini
della piana del Cammarone. La struttura rivela che esso era costituito dall’abitazione
del signore, gli alloggiamenti delle truppe e i depositi delle
munizioni.
L’abitazione del signore è situata
nella parte più alta, con una superficie interna complessiva di metri 30 x 10;
le mura di cinta cingevano il borgo all’incirca all’altezza di Via Cupa,
abbracciando una superficie interna di circa 10.000 metri quadrati, con quattro
torri a base circolare, situate tutte sul lato est, più facilmente espugnabile.
Al centro delle quattro torri, l’ingresso principale al castello era
costituito da Porta Calata, ancora visibile; le altre porte erano: Porta di
Capolaterra, Porta Cautu, Porta di Piazza, Porta Valle-Riu, dislocate in diversi
punti lungo la cinta muraria, di cui non si conservano resti. All’interno
delle sue mura di cinta si ergeva la chiesa medievale di S. Caterina e vi
scorreva un fiume, il Caramanna, difesa naturale del castello.
Dal Castello di Collefegato sorsero
gli attuali paesi di Borgorose ( anticamente il borgo del castello di
Collefegato), Villerose ( le ville del castello di Collefegato) e lo stesso
Collefegato. Il colle doveva essere cinto di mura, con un’estensione circa di
8.000 mq. Il corpo centrale è costituito da un ampio spazio di mt. 120 x 60,
attorniato da 3 torrioni; intorno ad essi si sistemavano i soldati, i servi, gli
artigiani. Ad occidente del castello è ubicata la chiesa medievale, 18 x 10 mt.
di cui resta il campanile; accanto all’altare si ammira l’affresco della
Madonna del Latte del 1471, restaurato nel 1947 e ora abbandonato all’intemperie.
Fonti documentarie sulla storiografia
alta medioevale di Corvaro rivelano che esso nel 1100 era rimasto all’abbazia
di Farfa; nel 1168 il castello, insieme a quello di Collefegato e di Maleto,
fornivano un milite ciscuno, contavano 24 famiglie per un totale di circa 360
persone ciascuno. Il castello di Corvaro era in potere di Rainaldo Sinibaldi (
nipote di Gentile Vetulo). Il castello di Maleto era situato a nord-ovest sia
del Castello di Corvaro che di S. Stefano, sul monte Frontino, simile nella
pianta , a quello di Corvaro. Esso costituiva un avamposto del sistema difensivo
del territorio. Da questo castello deriverà S.Stefano. Apparteneva a Gentile
Vetulo, possessore anche del castello di Collefegato.
Nel 1194, con l’avvento di Enrico
VI di Svevia, il territorio passò agli Svevi. Nel 1234 Federico II ( figlio di
Enrico VI) divise il Regno di Napoli in giustizierati ed il territorio di
Corvaro venne assegnato all’Abruzzo. Dopo la morte di Federico II, avvenuta
nel 1250, suo successore fu il figlio Corrado IV; alla morte di quest’ultimo
il regno non passò a suo figlio Corradino, ma al figlio naturale di Federico II,
Manfredi.
Nel 1258 nacque nel castello di
Corvaro Pietro Rinalducci, poi antipapa col nome di Niccolò V.
Vie naturali erano la piana del
Cammarone e la Valle di Malito, attraversate e percorse di continuo dagli
eserciti sia per fare guerra all’Aquila, o al Papato o a tutti quei re
stranieri che, sostenuti dai papi, intendevano conquistare il Regno delle Due
Sicilie. (Da un documento datato 25 novembre 1191 sembra sia passato l’imperatore
EnricoVI, nel 1259 re Manfredi distrusse L’Aquila dalle fondamenta, dandola
poi alle fiamme; nel 1265 sempre Manfredi attraversò il Cicolano, probabilmente
per Corvaro, per scontrarsi con Carlo d’Angiò, a Benevento nel 1266, dove,
durante la battaglia trovò la morte; nel 1268 sembra probabile che Corradino di
Svevia sia calato a Torano presso il fiume Salto per scontrarsi con Carlo I D’Angiò
nella battaglia di Tagliacozzo e che le truppe sconfitte abbiano poi
attraversato il Cicolano per raggiungere Rieti; nel 1361 Ambrogio Visconti
saccheggiò il contado dei Marsi, passando per il Cicolano)
. Lo stesso Carlo, dopo la
battaglia contro Corradino di Svevia che lo vide vincitore, perseguitò e punì
tutti coloro che si erano schierati con Corradino, quasi tutto l’Abruzzo ( ad
eccezione dell’Aquila): da aprile a maggio del 1279 a Sulmona, Sibaldo de
Aquilone ( o Sinibaldo de Aquilano) si presentò per il castello di Corvaro, che
venne tassato per un feudo; Sibilia, moglie di Tommaso Ammone, si presentò per
Castelmenardo, tassato l’ottava parte di un feudo, e Castel Maleto, valutato
due once e 25 tareni; Guglielmo Stacca Provenzale per Collefegato, tassato per
due terzi di un feudo. Stefano Colonna inviò Giovanni di Poggiovalle, per i
feudi che possedeva nel Cicolano, tra cui il castello di Poggiovalle.
Nel 1273 il nostro territorio verrà
a far parte dell’Abruzzo Ulteriore perché, sempre Carlo I d’Angiò, in tale
anno divise l’Abruzzo in Ulteriore al di là del fiume Pescara e Citeriore al
di qua di detto fiume. In un diploma del re, datato 5 ottobre 1273, sono
ricordati i castelli e terre della zona: Spedino, Collefagato, Castellum
Maynardi (Castelmenardo), Corbarum, Maleto e Latuscolo.
Nel 1279 il castello di Corvaro è
posseduto da Sibaldo di Aquilone ( o Sinibaldo de Aquilano), Poggiovalle da
Stefano Colonna, Collefegato da Ugo di Stacca ( o di Stach) Castelmenardo e
Maleto da Tommaso Ammone.
Nel 1283 venne nominato giustiziere d’Abruzzo
Amelio di Corvaro, gia vicario del re Carlo I d’Angiò nel
1267. Nel
registro del 1316 di re Roberto d’Angiò, il castello di Corvaro risultava
essere della Contea di Albe, mentre Torano era posseduto da Amelio di Corvaro;
il castello di Collefegato era posseduto da Ugo Stacca ( o di Stach) che
possedeva anche il castello di Poggiovalle. Quest’ultimo nel 1324 sarà
venduto a Raimondo da Catania, lo stesso che farà parte dei complici dell’omicidio
di Andrea, marito della regina Giovanna, avvenuto nel 1345 per ordine della
stessa regina.
Nel 1338 il castello di Collefegato
era di proprietà di un certo Fidanza, sembra figlio di Ugo di Stacca, che
possedeva il castello già nel 1324, come è attestato nei registri del 1316.
Ma, a seguito delle lotte fra i Camponeschi e i Pretatti, all’Aquila, Fidanza,
sostenitore dei Camponeschi, per ordine del re Roberto, venne assediato nel suo
castello da Buonaggiunta da Poppleto ( sembra originario di Scoppito), signore
di Corvaro, al quale si arrese. Buonaggiunta chiese la grazia per Fidanza,
condannato a morte dal re, e riuscì a salvargli la vita; ma il castello di
Collefegato passò ai da Poppleto.
Alla morte di Roberto (1343), erede
al trono fu Giovanna e sua sorella Maria ricevette in eredità la contea di
Albe; il 20 maggio 1366 Maria morì e la contea tornò al regio demanio.
Nel 1370 signore dei castelli di
Corvaro, Collefegato e Poggiovalle risulta essere Giuntarello da Poppleto; nel
1378 suo figlio Antonio di Giunta da Poppleto. Nel 1381, a seguito delle dispute
fra i Camponeschi e i Pretatti, quest’ultimo nella persona di Francescantonio
fu condannato al bando dalla città dell’Aquila e alla confisca dei beni; il
Pretatti allora si rifugiò nel castello di Poggiovalle, tenuto da suo cugino
Antonio ( Francescantonio era figlio di Pasqua, sorella di Giuntarello); quindi,
da qui più volte attuò scorrerie ai danni del contado aquilano, fino a
danneggiare un feudo di Rinaldo Orsini ( Rocca di S. Donato). L’Orsini,
alleato con il Camponeschi, si diresse fino a Torano, dove la mattina del 15
luglio 1381 il Camponeschi diede battaglia al Pretatti e lo catturò. I
vincitori rientrarono a Torano, gli sconfitti a Poggiovalle, il Pretatti fu
condotto all’Aquila, dove fu processato e condannato alla decapitazione ed il
suo cadavere riposa nella chiesa di S.Agostino.
In seguito alla sconfitta del
Pretatti da parte del Camponeschi e della conseguente condanna a morte eseguita
all’Aquila, Antonio, poichè lo aveva ospitato nel suo castello di Poggiovalle,
dovette subire la persecuzione della regina Giovanna : fu condotto a Napoli,
rinchiuso in carcere per 32 mesi; solo nel 1381 ottenne la grazia da Carlo II di
Durazzo( sceso nel regno di Napoli per vendicare la morte di Andrea, suo
fratello, fatto uccidere da sua moglie, la regina Giovanna, che fu catturata nel
1381 e uccisa l’anno dopo.) e fece ritorno al castello di Corvaro.
Prima del 1414 ( data della morte di
re Ladislao), lo stesso re costituì il contado di Corvaro, che comprendeva i
castelli di Corvaro, Collefegato, Poggiovalle, Castelmenardo, 2 parti del
castello di Monte Odorisio, le ville di Castiglione e di Valle Maleto ed altri
beni nel distretto dell’Aquila. Primo conte risulta essere Bonomo da Poppleto.
A Bonomo successe il figlio Pietro,
che ebbe due figli: Gionata e Paola. Morto Gionata senza prole gli succede
Paola, col titolo di contessa di Corvaro e ne ebbe l’investitura dalla regina
Giovanna II nel 1434. Poiché Paola aveva sposato il conte Francesco Mareri (
figlio di Ugolino, conte di Mareri ed a lui succeduto nel contado a seguito
della pazzia di Giacomantonio, suo fratello e primogenito di Ugolino) la regina
lo nominò capitano delle terre appartenenti al contado di Corvaro, poiché
riteneva inadatta a tale amministrazione una donna. E il contado passò ai
Mareri.
Francesco e Paola ebbero tre figli:
Filippo, Giovanni e Giulio.
Il conte Francesco Mareri morì nel
1510. Si sa che Filippo morì prima del padre e suo figlio Giovan Francesco
ereditò la contea di Mareri; Giovanni ereditò la metà dei castelli di
Collefegato e Poggiovalle; anche Giulio ereditò la metà dei castelli di
Collefegato e Poggiovalle.
Nel 1584 risulta che Giovan Antonio
Mareri ( nipote di Giovanni) riceve da Carlo V l’investitura dei feudi nel
Cicolano e della metà di Collefegato e Poggiovalle.
Altre notizie possiamo attingerle
dalle Visite Apostoliche compiute a Corvaro, di cui si ha cognizione solo a
partire dal 1500, poiché non restano atti di visite precedenti. Esse ci
permettono di conoscere la vita civile e religiosa di Corvaro: era sede di uno
dei nove vicariati della diocesi di Rieti, faceva parte del Regno di Napoli, e
con le sue 130 famiglie e circa 800 abitanti era, nel 1500, il più grande
centro del Cicolano, come tutt’ora.
Dal 1555 ne era feudatario
Marcantonio Colonna, figlio di Ascanio, poi suo nipote dello stesso nome, che lo
tenne fino al 1595. In sua vece, l’ordine pubblico era assicurato da un
Capitano e la giustizia da un Governatore; la comunità locale si governava
mediante un sindaco, assistito dai massari, detti anche priori. Esisteva anche
un consiglio pubblico dei capi-famiglia che veniva convocato dai massari, per le
decisioni importanti.
Il Colonna non risiedeva a Corvaro,
ma si faceva rappresentare dal suo luogotenente generale, Giovanni de Leonibus.
Il Colonna aveva anche il
giuspatronato su diverse chiese e cappelle, fra cui la cappella dell’Annunziata,
in S.Maria di Corvaro, e tale giuspatronato gli dava diritto di nomina dell’abate.
Prima della costruzione della chiesa
di S. Maria del colle di Loriano, esisteva già la chiesa di S.Stefano, prima
chiesa parrocchiale della zona, menzionata in una bolla di papa Anastasio del
1153, poi di Lucio III del 1182; la governava un collegio di otto canonici con a
capo un abate o arciprete. Nel 1398 le due chiese parrocchiali del territorio
erano S.Stefano e S.Angelo .
Corvaro contava numerose chiese
parrocchiali, rettorie, oratori: S. Maria, S. Vittorino, S. Angelo, S. Maria di
Malito, S. Erasmo, S. Croce e S. Silvestro, S.Rocco e S.S. Fabiano e Sebastiano,
fra le più importanti. Nel 1538 parrocchiale di Corvaro era S.Angelo, che non
era situata nel villaggio, ma presso le pendici di Valle Amara, in località
S.Agno. Nel 1561 aveva perso quasi tutte le sue funzioni e nel 1570 il vescovo
Amulio trasferisce la parrocchiale in S.Maria del colle di Loriano. Era a tre
navate, lunga 10 canne e larga 4, circa mt. 25x10. Aveva due porte, una grande
sulla facciata, una piccola di lato. Vantava un organo, unico in tutto il
Cicolano. Nel 1579 aveva 13 altari. .Essa, ancora nel 1651, contava l’abate e
3 canonici. A Corvaro vivevano una decina di sacerdoti e una comunità
francescana; vi erano, inoltre, un ospedale, un Monte di Pietà., fondato nel
1575 e unico in tutto il Cicolano, e quattro Confraternite: del SS. Sacramento
in S. Maria, di S. Rocco nella chiesa omonima, del Rosario e di S. Antonio da
Padova in S. Francesco.
Nel contesto documentato bisogna
inserire anche gli Orsini e i Colonna, nel momento storico in cui la Contea di
Albe de Marsi è posseduta ora dagli uni, ora dagli altri.
Nel 1390 Luigi II dona la contea a
Luigi di Savoia.
Il primo Colonna che ebbe il dominio
di tale contea fu Lorenzo Colonna; alla sua morte, avvenuta nel 1423, gli
successe il figlio Antonio; nel 1427 risulta essere posseduta da suo figlio
Odoardo.
Nel 1436 la contea passò ad un certo
Giacomo Caldora, nominato gran capitano e i Caldora ne rimasero padroni fino all’anno
1441, quando Antonio Caldora fu spogliato del titolo ad opera del conte di
Tagliacozzo Giovanni Orsini.
Morto Giovanni senza eredi i due contadi ( di Tagliacozzo e di Corvaro) tornano
alla Regia Camera fino al 1461, anno in cui re Ferdinando I d’Aragona li
concesse ai fratelli Napoleone e Roberto Orsini.
Il loro erede fu Virgilio; ma nel
1480 il re si impossessò della contea di Albe e la concesse a Prospero Colonna,
dietro pagamento di 20.000 ducati, lasciando a Virgilio solo il feudo di
Tagliacozzo.
Da qui i contrasti fra gli Orsini e i
Colonna, che, fra alterne vicende, si impossessano della contea: nel 1484 la
contea fu restituita a Virgilio Orsini; nel 1486 torna a Fabrizio Colonna che,
subito dopo, per la mediazione del duca di Calabria, la restituisce a Virgilio.
Alla venuta di Carlo VIII la contea
è concessa a Fabrizio Colonna, che la conserva anche quando nel 1497, sul
trono, torna Alfonso II d’Aragona. Le terre e i castelli del Cicolano che, all’epoca,
appartenevano al contado di Albe de Marsi erano: S.Anatolia, Castelmenardo,
Corvaro, Spedino, Torano e Tusco.
Nel 1520 Fabrizio Colonna concesse il
feudo di Torano al cavaliere romano Pietro Caffarelli, come ricompensa per
importanti servigi da lui ricevuti.
Sembra però che la famiglia
Caffarelli possedesse solo una parte del feudo perché, nello stesso secolo (
1520 – 1669), ne furono possessori anche membri della famiglia Rota.
Fabrizio morì nel 1520 e suo figlio
Ascanio ereditò l’intero patrimonio. Nel 1553 Ascanio cadde in disgrazia del
papa Giulio III: fu arrestato a Tagliacozzo, rinchiuso in carcere a Napoli e gli
furono confiscati tutti i suoi beni. Morì in carcere nel 1555, e dei suoi tre
figli maschi sopravvisse solo Marcantonio, il quale fu perseguitato dal nuovo
pontefice Paolo IV. Ma Pio IV lo perdonò, restituendogli tutti i suoi beni.
Morì nel 1584; la contea di Albe rimase ai suoi successori, fino a Marcantonio
( 1659), durante il cui dominio la contea di Albe dei Marsi fu colpita dalla
peste. Gli effetti di tale flagello nel conteggio effettutato dopo il passaggio
dell’epidemia a Corvaro, Spedino, S.Anatolia e Torano risultarono essere: su
un totale di circa 1700 persone ne sopravvissero circa 800; erano scomparse
circa centottantadue famiglie, per un totale di circa 900 decessi. Nel 1659 il
re di Spagna separa Corvaro dalla contea di Albe e lo eleva a ducato: primo duca
fu Lorenzo Onofrio, figlio di Marcantonio; suo successore fu suo figlio Filippo,
che morì nel 1714. Il possesso del ducato e del titolo di Corvaro passò a
Fabrizio e infine a Lorenzo, nel 1779. Ultimo duca fu Filippo, figlio di
Lorenzo, il quale rimase privo di tutti i beni che possedeva nel regno di Napoli
quando Giuseppe Bonaparte abolì i feudi, nel 1806.
Testi : Carducci Angela
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